Comunicare il vino in questi giorni: da esperienze sensoriali a esperienze virtuali

L’evoluzione dei servizi in chiave digitale – già apparsa in altri campi complessa e controversa (basti pensare alla musica, al teatro, al cinema) – se accostata al vino ci induce ad alcune riflessioni e suscita qualche perplessità.

Il lockdown ha decuplicato le vendite on line di vino, ma c’è da chiedersi se al moltiplicarsi dei ricavi di natura enologica cresca anche la cultura e la consapevolezza del bere.

Per anni abbiamo sottolineato l’importanza del contesto che ospita un’esperienza, ove quest’ultima voglia essere non solo degustativa, ma sensoriale a 360°.
Abbiamo ideato, creato e raccontato di wine tasting fra i vigneti e ovviamente di abbinamenti col cibo, ma altresì sottolineato quanto incidessero in positivo ambienti stimolanti e location gradevoli.
E ad esaltare il tutto contribuiva sempre il racconto diretto, live, di chi immagina, “sente” e crea vino e cibo: i vignaioli, i produttori, gli chef.

Poi succede l’imprevisto: il Coronavirus, il distanziamento sociale, l’aggregazione impossibile.
La sensorialità condivisa diventa “il nemico”, la condivisione degli spazi proibita.
Dal contatto si passa ai contatti.
Whatsapp, Instagram, Facebook, Skype…
Non ci resta che condividere on line, proliferano streaming, web tasting, digital conference.
I flash mob durano meno di una settimana, così gli inni nazionali e le schitarrate alle finestre. La paura, la noia, la stanchezza mentale prendono il sopravvento.
Anche gli aperitivi e le cene virtuali – ammettiamolo, tremendi – svaniscono con gli ultimi freddi.

Le Degustazioni on line

Resta l’idea in molti ambiti di poter gestire business, comunicazione, didattica e formazione attraverso il web.
Gli strumenti non mancano, la sfida è accattivante: dopo anni di digitalizzazione teorica, fare il salto in pochi giorni e trasferire tutte le nostre attività (o gran parte di esse) su un piano virtuale. Essere vicini, condividere pur mantenendo le distanze.

Nell’ambito professionale sembra funzionare. Forse.
Perché se la prova è vinta ce lo diranno i prossimi mesi, quando potremo con maggiore lucidità analizzare numeri e risvolti di una vera e propria rivoluzione dell’attività lavorativa in molti settori, compreso quello enogastronomico.
Se in alcune attività la razionalizzazione dei tempi e degli spostamenti è infatti mediamente vincente, non possiamo non notare che in altre il prezzo da pagare alla mancanza di contatto o condivisione diretta sia difficilmente colmabile.
Ridondante far notare che la chiusura di interi settori, l’accesso limitato e contingentato ad altri, l’azzeramento della domanda e dell’offerta in filiere cruciali per il paese quali la ristorazione e il turismo non potranno che generare una lunga onda recessiva che si abbatterà non solo sugli operatori dei settori coinvolti, ma su tutte le attività connesse a questi settori.

Nel vino B2B il tasting virtuale è un’opzione facilmente percorribile, ma di alto profilo e con molte incognite.
L’importatore o il buyer nazionale/internazionale potrà sicuramente ricevere campioni e collegarsi in streaming con wine ambassador, sales manager e produttori.
Sorgono ahimè due quesiti: se tale processo sia estendibile agli agenti sul territorio e, soprattutto, chi sia il potenziale cliente finale.

Con ristoranti, enoteche, bar e bistrot mestamente chiusi, il mercato del vino si è ridotto drasticamente.
E non all’improvviso: la curva delle vendite aveva già in precedenza seguito quella dei contagi, accusando importanti oscillazioni verso il basso a febbraio, con le prime disposizioni in termini di contenimento.
Una situazione difficile che andrà aggravarsi se la stagione estiva dovesse partire tardi (o peggio), ma che sarà comunque complessa in caso di riapertura graduale e limitata delle attività, soprattutto se dovesse essere confermata l’indicazione di mantenere misure di forte distanziamento sociale.
Tradotto: metà dei coperti, metà dei clienti, costi aumentati per sanificazione e adeguamento spazi, personale in esubero e…last but not least, tristezza assoluta.
Perché diciamolo, è triste e meno accattivante l’idea di condividere un calice o un pasto in un contesto limitato e limitante (e speriamo di non dover mai vedere separè in plexiglass fra un tavolo e l’altro…).

Opportunità e limitazioni del Wine Tasting digitale

In questo scenario appare evidente che saranno i wine lovers il nuovo territorio di conquista: con un’annata 2019 che rischia di giacere invenduta in magazzini e cantine, ci sarà presto la necessità di far spazio alla 2020.
E raggiungere direttamente il mercato degli appassionati sembra la soluzione vincente, nonché l’unica percorribile per compensare gli imprevisti.

A ciò si collega la cultura del vino, del territorio, del bere, tema che ha innescato questa riflessione ad ampio raggio.
Ovviamente un digital tasting non potrà mai compensare l’avvolgente emozione di una degustazione dal vivo, la condivisione sensoriale di un calice di vino e la comunicazione diretta e partecipata di ospiti e protagonisti.
Nessuno credo lo pensi, sarebbe grave solo immaginarlo.
A questo si aggiungono elementi tanto tecnici in senso sommelieristico quanto fondamentali in termini didattici, quale il degustare la stessa bottiglia (e ovviamente la stessa annata), la probabile temperatura differente di servizio del vino, i diversi supporti utilizzati e il contesto sensoriale.
Tutti elementi che influiscono sull’esperienza, che alterano la percezione e ne intaccano la poesia.

Le Degustazioni on line tra virtuale e sensoriale

Insomma, condividere in remoto la una degustazione non vuol dire condividere la stessa esperienza.
E se i contenuti teorici saranno salvaguardati, sarà la sfera sensoriale ad essere maggiormente penalizzata.
Ci mancherà sempre quel “quid” fisico, diretto, romantico e finanche primordiale che solo un’esperienza dal vivo può donare.
Ci mancherà il fattore umano che è in noi e, forse più di tutto, ci mancherà quello esterno a noi.

E allora ben venga tutto ciò che possa tenere viva la fiaccola della passione enologica, l’interesse per il territorio, l’amore per il vino.
Ma chiediamoci se sia coerente proporre un modello formativo ed esperienziale che – in questo caso – risulta essere in numerose parti in antitesi con valori e contenuti professati fino ad ieri.
Il mondo è cambiato dicono in molti; altri seguono e rilanciano con funesti presagi e ci informano solertemente che non sarà mai più lo stesso.
Al di là di bislacche profezie Maya aggiornate in chiave virale, resta una scenario complesso ma non definitivo. In tale contesto è forse più corretto proporre attività alternative, integrative, ma mai suppletive.
Sarebbe grave se, come accaduto in ambito artistico, l’utente confondesse l’esperienza virtuale con quella reale, il contatto diretto con la fruizione indiretta.
Ci sono sfumature che non possono essere consegnate a domicilio ed emozioni che neanche al fibra ottica potrà mai trasferire.
Quelle teniamocele strette, insieme ad un pizzico di silenzio.
Si, il silenzio, quale assenza di comunicazione o comunicazione dell’assenza.
Una scelta difficile eppure in parte necessaria per poter meglio apprezzare ciò che ci è stato tolto, ciò che non è sostituibile e che tornerà a renderci felici, speriamo prestissimo.

 

 

Daniele Graziano

Comunicatore, event manager e formatore.

Con un background da executive manager, da anni ha concentrato le sua attività in formazione, event management e comunicazione.

E’ sommelier e wine communicator, nonché docente enologico in corsi ed eventi enogastronomici.